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Visualizzazione dei post da dicembre, 2020

Moebius (2013)

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  Il 2020 si è portato via Kim ki duk e a molti di noi mancheranno i suoi lavori visionari, come "Moebius". Al fumettista francese sembra rifarsi il regista sudcoreano quando fa del puro cinema, creando immagini inconfondibili, magiche, eloquenti. Ma anche alle scene di sadomasochismo, perché volenti o no dal dolore può nascere un terribile piacere. E Kim ki duk lo sperimentò nell'esercito, quando avendo spesso il piede d'atleta grattò la pelle con una pietra, provando sì sofferenza ma anche un insolito godimento. Non c'è una sola parola lungo tutto il film e la musica compare solo alla fine, quasi come il coro di una tragedia greca. Questo per dare enfasi ai suoni d'ambiente, come risate, urla e pianti. In una parola, all'esistente. Kim ki duk parte da una constatazione: non siamo liberi dal desiderio fisico per la nostra intera vita. Così il film si domanda "cosa sono i genitali?" Sono la famiglia, perché è grazie ai primi che si forma la secon

Sennentuntschi

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Attribuire qualità malefiche a chi non lo sia è un terribile errore. Ed orrore. Sennentuntschi è un film visionario (ma solo in apparenza) che mostra bene il terribile sbaglio di creare un mostro perché il villaggio ne ha bisogno come capro espiatorio. La rudezza di montanari svizzeri - perché sì, è una produzione elvetica - di preti malefici e della superstizione proiettano così il male in una ragazza, che è invece l'unica a riceverlo da tutti quelli che incontra.  Sennentuntschi significa "bambola del diavolo" e riprende un'antica leggenda delle Alpi svizzere, dove grazie all'assenzio un fantoccio diventa una donna, soddisfa chi l'ha evocata per poi ucciderlo. Ma il distillato dell'artemisia non è più allucinante di quello a cui possa condurre un'estrema superstizione. Un crocifisso può fare paura se chi lo indossa o lo brandisce sa usare solo violenza e accusa una ragazza, una vittima di quasi tutti quelli e quelle che si trova di fronte, di essere

Antebellum

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 L'horror viene fuso con molti generi e "Antebellum" sposa sia il dramma che il thriller (psicologico). Di soprannaturale non ci sarebbe nulla, se non che non c'è orrore più grande della discriminazione. Ma non si tratta solo della questione, prima degli schiavi e oggi della condizione degli afroamericani. Le protagoniste sono infatti donne, amiche e nemiche, allegre o crudeli. Forse per questo molte critiche sul film, scritte per lo più da maschi, pur apprezzandolo in parte, sono spesso sprezzanti. Invece dividere, parlare solo di neri, di uomini, nasconde lo sfruttamento di donne e quindi alla fine di tutti, di chi lavora, di chi vorrebbe solo libertà di restare umani. Il pretesto della storia è davvero singolare e se potrà apparire paradossale lo è tanto quanto l'iperbole di discriminare in base alle differenze, che invece fanno parte del mondo e lo rendono ricco. Antebellum è di una potenza incedibile e ci sono scene ben più raccapriccianti di quelle alla Mic

Swallow

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 Quando il dramma passa dall'horror e lo accompagna nello studio dello psicologo, ci si può inquietare più che davanti ad esorcismi e sangue. Che qui non manca. La realtà è così tragica da creare malattie come il picacismo, la mania di ingoiare oggetti. Perché non si può far altro, che mandare giù, se si deve aderire al teatrale della moglie perfetta, casalinga, di un uomo in carriera e della sua asfissiante famiglia.  Haley Bennett è, da sola, tutto il film, come lo è il suo personaggio, Hunter e si muove magistralmente, sotto la guida di un magnifico debuttante, Carlo Mirabella-Davis. Uno sguardo non da poco visto che il film è dalla parte di una donna. Che non si ammala a caso. Naturalmente è il tratto psicologico che trionfa, ma molte scene non fanno rimpiangere i Jason Voorhes, anzi, tutt'altro. Un film iperreale può essere molto più drammatico, sanguinolento ed inquietante. Per fortuna, e questo lo renderebbe sublime per terapie e aggiornamento di operatori di cura, una g

When Animals Dream

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When Animals Dream è un film... spettacolare. Horror che non solo sposa il lato psicologico ma quello esistenziale. Sulla costa occidentale della Danimarca il tempo sembra fermo, come in Islanda. Tutto gira intorno al pesce, anzi, al mare. Il mondo di Google e Amazon non arriva qui e così la protagonista finisce a lavorare nella "big company" del posto, grossista di pesce. Il film è semplice, quanto drammatico e poetico. Se si ama, non importa che il cuore batta per un mostro, anche se è pronta a sterminare chiunque. Tranne l'amato, che teme di diventare vittima, ma non di amare. In qualche modo però la mostruosità è un afflato di libertà, in un piccolo mondo antiquato, perso nella predestinazione tutta luterana per cui se si è dannati, non si può cambiare il proprio destino. Invece il sogno istintivo, amoroso, è una rivolta doverosa, se si hanno 16 anni e tutta la bellezza di voler vivere. L'affetto è anche quello per chi ha lo stesso sangue e la stessa mostruosità.

La parte chiara della vita

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non sembra vero

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  Illudersi di poter amare  è sempre un lusso. Sembra finto come uno stadio avvolto nella nebbia, illuminato dopo una stupida partita. Qualcosa di irrealistico, apparentemente preso a prestito da un mondo virtuale.  Scriverne può suonare assurdo, come devo esserlo apparso io ai lavoratori Atm in fuga dal capolinea della Metro 5 a fine turno, vedendo un tizio sotto il nevischio intento a fotografare lo stadio.  Parole un po' deliranti, ma la sfera delle emozioni, del "cadere in amore", non ha nulla di razionale. Perché sulla realtà hanno presa cose senza logica, come l'istinto, l'amore, appunto. Forse per questo Schopenauer e Nietzsche sono affascinanti. E molto... sensati. Non sembra vero. E infatti non lo sarà.