Moebius (2013)

Il 2020 si è portato via Kim ki duk e a molti di noi mancheranno i suoi lavori visionari, come "Moebius". Al fumettista francese sembra rifarsi il regista sudcoreano quando fa del puro cinema, creando immagini inconfondibili, magiche, eloquenti. Ma anche alle scene di sadomasochismo, perché volenti o no dal dolore può nascere un terribile piacere. E Kim ki duk lo sperimentò nell'esercito, quando avendo spesso il piede d'atleta grattò la pelle con una pietra, provando sì sofferenza ma anche un insolito godimento. Non c'è una sola parola lungo tutto il film e la musica compare solo alla fine, quasi come il coro di una tragedia greca. Questo per dare enfasi ai suoni d'ambiente, come risate, urla e pianti. In una parola, all'esistente. Kim ki duk parte da una constatazione: non siamo liberi dal desiderio fisico per la nostra intera vita. Così il film si domanda "cosa sono i genitali?" Sono la famiglia, perché è grazie ai primi che si forma la secon...