Moebius (2013)

 

Il 2020 si è portato via Kim ki duk e a molti di noi mancheranno i suoi lavori visionari, come "Moebius". Al fumettista francese sembra rifarsi il regista sudcoreano quando fa del puro cinema, creando immagini inconfondibili, magiche, eloquenti. Ma anche alle scene di sadomasochismo, perché volenti o no dal dolore può nascere un terribile piacere. E Kim ki duk lo sperimentò nell'esercito, quando avendo spesso il piede d'atleta grattò la pelle con una pietra, provando sì sofferenza ma anche un insolito godimento.
Non c'è una sola parola lungo tutto il film e la musica compare solo alla fine, quasi come il coro di una tragedia greca. Questo per dare enfasi ai suoni d'ambiente, come risate, urla e pianti. In una parola, all'esistente.
Kim ki duk parte da una constatazione: non siamo liberi dal desiderio fisico per la nostra intera vita. Così il film si domanda "cosa sono i genitali?" Sono la famiglia, perché è grazie ai primi che si forma la seconda. Se "Moebius" appare disturbante, ogni giorno veniamo traumatizzati dall'apprendere di persone che soffrono e vengono uccise. Kim ki duk in proposito ha citato il conflitto nella striscia di Gaza. L'intento del regista è, con la ripresa schietta, a mano, senza effetti grafici, anni luce dal cinema commerciale, di sondare i segreti delle vite umane. E ringrazia di avere sia pubblico, che lo guarda, che attori, che rischiano di "rovinarsi", tutti accomunati dal coraggio che lo stesso Kim mette(va) nei film. Infatti la scelta di usare la stessa attrice per la moglie/mamma e l'amante nasce dal forfait, all'indomani del primo ciak, della designata al secondo ruolo e l'idea avuta dal regista, discussa coi protagonisti, si è rivelata poi significativa.
Sotto lo sguardo di Buddha scorrono esistenze, famiglie, genitali. Ma la via dell'affrancamento dal dolore sembra davvero difficile. Forse per questo "Moebius" è stato il lavoro che ha sofferto di più per la censura, riecheggiando un "Impero dei sensi" e però all'ennesima potenza, tanto da dover subire modifiche per ben tre volte al fine di poter essere proiettato. Eppure la detonazione è semplicemente nel racconto, che ricorda che l'endogamia significhi il venir meno della solidarietà sociale, come sembra sussurrare tutta la violenza tra strada, crimine, polizia e carcere pitturata nel film.
Si dice che Kim fosse un provocatore, sicuramente sapeva fare cinema in modo terribilmente emozionante.

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