A Quiet Place: Day One

 Questo film doveva essere il prequel e il terzo di una saga che, insomma, era così così, anzi, alla merdflix. Invece, "A Quiet Place: Day One" può essere benissimo uno stand alone. Perché è magico, commovente, poetico, spaventoso, in una parola eccezionale. Puro, emozionante cinema che ti inchioda allo schermo e potresti dimenticarti di tutto. Perché è quello che succede, nell'apocalisse della storia. Ormai, sappiamo che tutto può cambiare, sparire, per un'epidemia, una metastasi, una catastrofe e così, una cosa così aberrante come l'urlo costante dei 90 decibel di New York, può diventare un lusso, un che di impossibile quando si deve stare in silenzio, per non morire. I due, anzi tre protagonisti, Lupita Nyong’o,  Joseph Quinn e il gatto, anzi i due mici Nico e Schnitzel, che impersonano Frodo, ti catturano con la loro grande amicizia, perché solo questo può rimanere quando il mondo finisce.
 Un plauso alla Paramount, che ha saputo produrre un capolavoro, con Krasinski non più a dirigere, ma un impareggiabile Michael Sarnoski, indie filmmaker al suo, soltanto, secondo lungometraggio. È lui ad aver preferito, ad un gatto generato al computer, un felino vero. Il quale è la chiave della "pellicola", perché non solo è davvero un protagonista - e non mi ricordo di un'apparizione così lunga e continua, d'altronde è difficile dirigere un gatto - ma Frodo rappresenta per la sua padroncina Sam la vita che conosceva prima di ammalarsi. E proprio questa idea, di una persona che sta morendo, ribalta l'istinto di sopravvivenza di ogni horror. Chissà, magari all'inizio Frodo era un randagio e Sam aveva iniziato a dargli del latte, d'altronde per NY i gatti di strada sono un simbolo, col loro istinto di vita che è anche quello della metropoli. Infatti il ponte di Brooklyn diventa un pezzo di cuore, ora anche umano. Il buffo è che Nyong'o, con le sue brave origini anche dal Kenya, aveva paura dei gatti(!), perché sembrano dei piccoli leoni. Ma alla fine il film ha cambiato persino lei, tanto che ora un bel micio ce lo ha per davvero nella vita reale. E così, come lei si è arresa ad amare Nico e Cotoletta, pardon, Schnitzel, non si può non adorare questa storia avvincente e sublime. "Feeling good", davvero.
Il film è campione d'incassi di questa estate, e meritatamente. Forse non raggiungerà il record del primo episodio, ma non importa, così come chi si affanna ad attribuire storia - e meriti - a Kasinski, a cui va comunque riconosciuto il bene di aver trascinato un artigiano come Sarnoski in una grossa produzione. Se ti capita, non perderti "A Quiet Place: Day One": ne vale davvero la pena, di film così splendidi ne escono maledettamente pochi.

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