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Visualizzazione dei post da agosto, 2017

foto morte

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Chiacchieravo del perché la memoria sia così selettiva, di come abbiamo una Ram ma che lavora con la psiche e così in sogni e lapsus qualcosa riemerge. Mi è venuta a esempio questa foto... Mi ero dimenticato di averla. Be', le foto si fanno per questo, per ricordarsi dopo. E così sono epitaffi di momenti scomparsi. Ma forse non si dovrebbero conservare, fa così male rivederle. La stampa è quel che è ma non è quello il problema, no. Ci sono quei riccioli che, pur nella povertà della stampa, brillano, come quando ero bambino. Riccioli che non torneranno mai più, col loro colore lucido, oggi opaco e rarefatto nei capelli rimasti. Una magrezza che non posso più vivere, ma soprattutto - e questo mi dilania - un sorriso serenissimo, che insieme con lo sguardo hanno un gusto di felicità. È quello che piango e non tornerà mai. C'era qualcuno al mio fianco ma non era il caso di mettere anche lei, qui. L'ultima volta che ho incontrato il sentimento più grande. Pazienza,

l'umanità degli sconfitti

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Leggere della fine di Mussolini mi ha lasciato molta amarezza, non tanto perché il racconto dei due partigiani possegga un'umanità profonda, soprattutto da parte di "Pedro", il narratore principale del libro, ma per la decisione troppo veloce di far fuori il duce quando ormai era ridotto al fantasma di quello che era. La verità storica resterà oscura chissà quanto (fu il SOE a ucciderlo o il comandante partigiano mandato da Milano?), tra documenti segreti con il tesoro che il boia si portava dietro e l'evitare un processo che avrebbe fatto emergere colpe di ogni parte in gioco, quindi qualcosa che molti volevano evitare. Nel suo racconto Pier Luigi Bellini delle Stelle sa riconoscere l'umanità degli sconfitti, come quando ricorda i tedeschi della colonna che scortava i gerarchi di Salò salutare festosi, dopo che il loro comandante aveva accettato di abbandonare al loro destino quegli italiani troppo importanti. Pedro vede umanità nella Petacci e nel Mussoli