l'umanità degli sconfitti

Leggere della fine di Mussolini mi ha lasciato molta amarezza, non tanto perché il racconto dei due partigiani possegga un'umanità profonda, soprattutto da parte di "Pedro", il narratore principale del libro, ma per la decisione troppo veloce di far fuori il duce quando ormai era ridotto al fantasma di quello che era. La verità storica resterà oscura chissà quanto (fu il SOE a ucciderlo o il comandante partigiano mandato da Milano?), tra documenti segreti con il tesoro che il boia si portava dietro e l'evitare un processo che avrebbe fatto emergere colpe di ogni parte in gioco, quindi qualcosa che molti volevano evitare.
Nel suo racconto Pier Luigi Bellini delle Stelle sa riconoscere l'umanità degli sconfitti, come quando ricorda i tedeschi della colonna che scortava i gerarchi di Salò salutare festosi, dopo che il loro comandante aveva accettato di abbandonare al loro destino quegli italiani troppo importanti. Pedro vede umanità nella Petacci e nel Mussolini, non più temibili, decisori ma prigionieri, atterriti nel presentire quel che li aspetta. Il partigiano ritrova il proprio viso umano e in fondo, quando attua il bluff per far credere ai tedeschi di avere una pletora di combattenti, soprattutto pensa a scongiurare inutili stragi, come quando vuole evitare il linciaggio dei prigionieri sotto la propria responsabilità e fa di tutto per proteggerli, riuscendoci.
La spiaggia dell'umanità può avere anche tinte comiche, come quando il partigiano Bill arresta Mussolini dicendo "...sotto la mia personale responsabilità non le sarà torto un capello", rendendosi subito conto della gaffe visto che il duce era pelato. Ma Benito risponde semplicemente "Grazie".
Restare umani significa non dover scoprire solo dopo innumerevoli morti che si appartiene a un genere uguale, evitando guerre fratricide. Ma, per chi avesse velleità fasciste, visto che la storia ne ha mostrato la sconfitta immancabile, resta una sola parola: arrendetevi.

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