la ragazza delle Cave

 Avevo immaginato questo raccontino da diverso tempo. Voglio solo precisare che durante il coprifuoco, sentendomi soffocare intombato in casa, anche se innumerevoli volte ho pensato, e avrei voluto, camminare di notte nel parco delle Cave, non l'ho mai fatto.

Notte. Primavera. Niente sonno. Il parco è lì, quasi lo sento chiamarmi. Ma c'è il coprifuoco... Capirai, e chi mi vede? Sono le 3 passate e non si sente niente, nessuno. 
Basta, voglio uscire! Mi vesto al volo e mi catapulto in strada.
Ahh, che sensazione di libertà. Mi stiracchio e inspiro profondamente. Ecco il parco. Che silenzio. Che pace. Ci voleva.
Cammino fino a una cava. Ma! In mezzo al sentiero, vedo un animale. Rossiccio. Troppo grande per un gatto, troppo dolce per essere un cane. Uh, una... volpe! Cavoli, deve essersi spinta qui dal Bosco in città, per trovare cibo. Oddio e se mi morde? Ma anche lei, dopo avermi studiato brevemente, si intimorisce per poi svanire nel folto dei rovi. 
Oh be', deve voler dire che non c'è proprio un'anima in giro. Rinfrancato, riprendo a passeggiare, calmo, lento.
Arrivo alla cava più grande, è troppo tardi anche per gli spacciatori - sai che gliene fotte del lockdown - e così mi siedo a un gruppo di panchine, di solito egemonizzate da quei grandissimi stronzi, anche perché si ha una bella vista del parco, e quindi di chi ci entra. 
Che buio, penso, ma il riflesso della luna accarezza l'acqua, rassicurandomi.
Mi arrotolo una sigaretta. La accendo, poi mi guardo in giro. D'istinto, come se avvertissi la presenza di qualcuno intorno, perché è vietato fumare nei parchi. Mi viene da ridere, qui la gente muore di coca, ero, sai che gliene... Ma mentre mi perdo in pensieri deprimenti, intravedo una silhouette costeggiare la cava. Si avvicina senza fretta, con una sorta di tranquillità che sa di resa. Chi diavolo... Oh, sembra... Sembra una donna. Anzi, una ragazza. E... Pure bella, se non fosse che quando  ormai è davanti a me, mi accorgo che è pallidissima. Ha delle occhiaie peggio delle mie, l'aria cupissima. Abbozza un sorriso, ma sembra una smorfia di dolore. 
"Hai una sigaretta?" Dico di sì e mentre si siede sulla panchina, preparo un drummino, glielo passo, lo appoggia sulle labbra sottili e aspetta il mio fuoco. Ha i capelli scuri, lunghi fino alle spalle e porgendole la fiamma dell'accendino ho paura di bruciarli, ma loro non sembrano spaventarsi.
La ragazza tira a pieni polmoni. Che bel viso, dolce, e poi che... Che corpo. Una camicetta scollata, molto, troppo, una gonna corta, che lascia intravedere delle gambe snelle e delicate, sopra dei tacchi decisi... Un completo che sa di anni '80 ma... Che diavolo ci fa qui? A quest'ora poi? Oh, forse anche lei non ne poteva più dei "domiciliari". Però... Non ha paura?
Come se capisse la mia curiosità, inizia a parlarmi, con una voce sommessa, sussurrata.
"Bello il parco di notte, vero?". Annuisco come un bimbo per la merenda in arrivo.
"Ma una volta non era così, era... Era molto più schifoso." 
"Sì, ci giravo... Sentivo dire certe cose..."
"Ah, giusto, sì, ci venivi con la morettina... Però non si è mai messa con te."
"Eh? Ma chi?"
Ridacchia. "E dai, come chi? Quella. Ti portava spesso qui. Come il cane. Scusa, voglio dire, col cane pure... "
Cavoli, sì. Ma come diavolo fa a saperlo? Saranno passati... trent'anni? Più o meno quelli che dimostra questa qui... No, pazzesco, mi sa che bluffa...
"Eddai, fregatene, poi venivi qui da solo e piangevi per lei..."
Sembro una statua mentre la ascolto.
"Comunque, le cave... Erano un posto per tante cose. Sporche. Orribili. Chi raffinava eroina, chi andava a caccia col fucile, chi seppelliva... " Su quella parola si arresta, poi riprende. "... Rifiuti, sì, rifiuti tossici, chi imboscava armi... Insomma, tutto quello che non andava bene, lo mettevano qui. Anche me". Sorride, e deglutisco atterrito. 
"Co-Cosa vuoi di..."
Digrigna i denti, nervosa. Poi si fa triste. 
"Mi ero innamorata. Lui però non era uno da..." Fuma e non riesce a parlare.
"Da?"
"Da ricattare".
"Eh?!" Aggrotto la fronte atterrito da quella risposta.
"Lui era... Era uno studente. Una notte tornavo a casa e l'ho intravisto, tra i cespugli. Era svenuto, pieno di vomito. Aveva vicino un Johnny."
"Un... Johnny?"
"Walker."
"Ah..."
"E lo aveva bevuto tutto. Insomma, anche se avevo la nausea, mi faceva tenerezza. Mi son messa a chiamarlo, ma niente, pareva in coma, allora gli davo dei piccoli calci sulla coscia. Poi anche col tacco. E finalmente si è svegliato. Sembrava un resuscitato."
"Forse lo era".
"Già. Mi dai un'altra siga?"
"Sì, certo". Mentre la arrotolo, la faccio accendere e me ne dedico una per me, lei continua.
"Si è alzato a fatica, si aggrappava ai rami del cespuglio. Mi ha osservato, gli occhi persi, però si era ripreso. Poi l'ho guardato andar via, camminava male, mi faceva una pena... La notte dopo l'ho rivisto, era lì, come se mi cercasse. Ripulito, l'aria ancora sconvoltina".
"Eh Johnny..."
"Sì." Ride. "Pensa che poi lo chiamavo davvero così, e gli piaceva. Comunque, lui era lì, perché... Voleva ringraziarmi, si era sbronzato per via della morosa, che l'aveva mollato." Sorride e scuote la testa. "Poi le romantiche siamo solo noi eh". Stendo le labbra, poco allegro in realtà, ma ha ragione.
"Però..." Si guarda le gambe e fa come per stendere la gonna, a coprirsi. "Non so, mi è piaciuto subito. Era così dolce, e gentile. E anche un po' scemo." Sogghigna, piano, poi si rattrista. "Mica aveva capito che.. Che... Che ero una di quelle, anche se... Non proprio di strada. E sì che ero vestita da..."
Ingoio tutta la saliva, mentre lei si censura. Una boccata di tabacco, e continua a raccontare.
"... Non credevo che... Che mi sarei innamorata, per me erano tutte palle, sai. Io dovevo servire ai ricatti, andare con dei porci schifosi pieni di soldi, pezzi grossi... Sì, pezzi di mer..." Si blocca, lascia precipitare la sigaretta a terra.
"Me ne fai un'altra?"
La accontento, mentre osservo la busta del tabacco svuotarsi, ma capirai.
"E molte notti, lui, Johnny, mi aspettava. Dio che baci, E come faceva bene l'amore..."
A stento fingo di rimanere calmo. Cerco di dissimulare l'inquietudine, così sbircio il cellulare, per vedere l'ora e lei lo scruta come fosse qualcosa di diabolico. Ma lo avevo lasciato su un video e parte una pubblicità. La blocco, vergognandomi per la drammaticità del suo racconto. Così ficco il telefono in tasca, poi la guardo, ha gli occhi sbarrati. 
"Marisa... Pure un film le hanno fatto!" sussurra rabbiosa. 
"Ehm, sì, e anche un... Un documentario, gli inglesi, anni fa. Ma... Dice che non ha mai ucciso nessuno." Non risponde, trema e sembra debba esplodere in urla e pianti. Invece si trattiene e anche se agitata, aspira dalla sigaretta, a cercare un diversivo.
"Io e... Johnny, sì, litigavamo. A furia di incontrarmi rischiava di non fare più un esame, e io di crollare. Voleva che mollassi tutto, che denunciassi tutti alla Polizia. Eh! E che non lo avrei fatto? Ma quelli erano dei cani, e... Delle cagne, sì, specie quella..." Si interrompe, lascia cadere il mozzicone tra le scarpe, con inerzia.
"Io...  Avevo paura. Poi una sera invece di andare a... Insomma, ecco, ho avuto una crisi isterica. Li ho mandati tutti a fanculo. E... Johnny, Johnny mi aspettava, al solito posto. Com'era felice quando mi ha visto, ha capito subito! Mi ha abbracciato stritolandomi, siamo finiti sul prato e abbiamo fatto l'amore tutta la notte. Credevo di poter essere felice. Come una bambina. Libera."
All'orizzonte si stempera il primo blu, della notte che inizia a essere spinta nella tomba dal sole. La ragazza si alza, cerca di non abbassare lo sguardo ma non ci riesce. 
"Ora devo andare... Mi ha fatto piacere parlare con te". 
Sorrido, malinconico. La guardo incamminarsi, poi, all'improvviso, si ferma. Si volta appena, tende il braccio, e un dito, e sussurra: "Lì, mi avevano sepolta lì... In fondo..."
Guardo, sconvolto, in direzione del suo indice, tra le due cave, un punto impervio, dove difficilmente si cammina, anche perché il sentiero finisce, lì. Lì... Mi giro, la ragazza è scomparsa. Mi volto da tutte le parti per trovarla ma niente, non c'è più.
Inghiotto saliva, inquieto, stanco, sconfitto. 
Mi alzo e muovo le gambe a fatica, finché non mi avvicino al punto che mi ha detto lei. Osservo un mucchio di terra, vecchia, spenta. Poco sopra, da un ramo, pende una goccia di rugiada, come una lacrima che scende dall'albero. L'arancio del sole che nasce la trafigge e crolla a terra.

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