The Artist (2011)

"The Artist", come dice il suo regista, è una lettera d'amore al cinema. Quello classico e inimitabile, di Hitchcock, Lang, Ford, Lubitsch, Murnau e wilder.
La miscela di dramma e commedia, un bianco e nero straziante, una colonna sonora incessante, che riecheggia i pianoforti o orchestre in buca usati per sopperire al silenzio del muto, e la stessa scelta di evitare il parlato lo rendono magistrale. Non a caso premiato, acclamato dalla critica e dal pubblico.
Dujardin e Bejo recitano impeccabilmente e infatti lui, grazie a questo lavoro, è stato il primo francese a vincere un Oscar, mentre la protagonista è anche la moglie del regista. 
Il cinema è movimento, di immagini, per cui il resto è solo accessorio, e i film (fatti bene) "muovono" i sentimenti. "The artist" lo mostra agilmente, nostalgicamente evitando gli zoom e usando pochi fotogrammi al secondo, così come l'effetto iride (il cerchio nero che si apre e si chiude) per le transizioni di scena. Qui trionfa l'espressività, come era nel cinema muto, alla Chaplin, dei due protagonisti, ma anche di molti comprimari, come l'attrice Miller, Goodman e una comparsa d'eccezione, Malcolm McDowell, per cui in qualche modo si ricorda anche Kubric. Ma i rimandi sono tanti, come il finto neo di Peppy Miller/Bèrènice Bejo, che ovviamente omaggia Marilyn Monroe.
Anche se il personaggio di Jean Dujardin ricalca diversi attori famosi (Fairbank, Gable, William Powel, Gene Kelly,), è ispirato alla storia di John Gilbert, amante della Garbo, star del muto, morto a 38 anni per infarto dopo essere diventato alcolista, per via della sua voce sgraziata, che non gli permise di sopravvivere al sonoro. Quello che però conta è che il protagonista, George Valentin (il cognome è un altro tirbuto, a Rudy), non sappia comunicare, tanto da avere come migliore amico un cagnolino (Uggie), vale a dire qualcuno che non sa parlare, tanto che nella scena in cui avverte il poliziotto per il rischio del suo padrone di morire, fa, ovviamente, fatica a farsi capire...
Il film poi registra uno dei tanti passaggi occorsi al cinema nella sua storia, che ogni volta ne fanno gridare alla sua scomparsa. In effetti, anch'io, se mi volto a guardare film che non sono recenti, resisto alla piattezza dei netflix e prime, che però non riusciranno a seppellire la settima arte. quella cioè di saper raccontare per immagini, in movimento. 
Come "silent movie", "The Artist" si rifa ad altri, e quindi negli omaggi impliciti ci sono anche Jacques Tati e Mel Brooks. Quanti nomi... Ma il cinema è fatto di tanti ruoli e infatti alla piacevolezza di questo film hanno contribuito fotografia (Schiffman), costumi (Mark Bridges), scenografia (Laurence Bennet) e non ultima la musica, di Ludovic Bource, ma anche, in citazione, di Bernard Hermann, e quindi di colui a cui più è ispirato il film, quel sadico genio di Alfred Hitchcock. 
Il regista Hazanavicius, autore di parodie di 007, non si aspettava un grande successo, addirittura fino agli Oscar, ma sa, alla Orson Welles, ceh il più grande amico dell'attore è lo spettatore.
"The Artist" è colmo di romanticismo, e infatti non c'è una sola scena dove i due protagonisti si bacino sulle labbra: perché il desiderio è la landa sconfinata dove poter, davvero, amare.

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