Il dono di Sam Raimi

Quando è iniziato il (felice) matrimonio tra sentimenti e film horror? Se ci sono diversi precedenti del genere "psicologico",
chi ha sicuramente aperto la strada è stato Sam Raimi, dopo aver iniziato la proficua saga de "La Casa" e prima di essere scelto per quella di "Spider-Man".
Non a caso di origini miste, ebraiche ed europee, Raimi ha un occhio particolare rispetto ad altri registi americani. E infatti il suo cinema lo è davvero, dando un vero piacere per la particolarità delle sue riprese, caratterizzate da velocità e da diversi effetti.
Ne "Il dono" Raimi ritorna all'horror ma mettendo in scena una tenerezza profonda, con il suo contrario: l'odio. Così, accanto a temi come maternità, nostalgia, solidarietà femminile, il regista tinteggia la crudezza della violenza a danno dei deboli, quali donne e bambini; la gelosia; l'omicidio, come spesso avviene nella realtà, di chi si amava.
Una deliziosa Cate Blanchette ha con Raimi la possibilità di mostrare mai come altre volte un grande talento attoriale e in particolare drammatico. Perché se "The Gift" è un film con il soprannaturale - che per me deve essere il tratto distintivo dei film "horror" - si cala però in una realtà ben precisa, quella dell'America del Sud, coi suoi pregiudizi, compreso quello che se Annie Wilson può vedere "oltre", allora è una strega. In realtà lei è l'anima di una piccola città che aiuta col proprio dono di chiaroveggenza, per cui è come una terapeuta per molti abitanti della piccola Brixton - che non esiste in America e si trova a sud sì, ma di Londra, probabile omaggio a Hitchcock del quale cita le piccole apparizioni, cameo che Raimi ama inserire nei propri film - oltre a ispirarsi all'horror di Hong Kong, altrettanto inquietante e basato sui sentimenti.
Le solite critiche che apprezzano il film ma senza entusiasmo scontano il fatto di essere probabilmente scritte da uomini che, nel rivedere la violenza che purtroppo è prerogativa del nostro genere, non si sentono a proprio agio. Perché "The gift" inquieta più per quello che per l'elemento horror, che pure spaventa. Se vedi troppo, sei da bruciare, ma alla fine hai davanti al realtà.
Un grande dono di Raimi che forse più di altri momenti ha saputo fare del grande cinema e di quel, appunto, felice connubio tra horror e sentimenti.

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