la materna estiva

Ero appena diventato un assistente sociale. Un ladro di bimbi, come vuole il pregiudizio. Cerco lavoro, è iniziata l'estate e le offerte si riducono, ma ne trovo, compreso un mese in una materna estiva. Sì dal '91 si dovrebbero chiamare scuole dell'infanzia, ma la tradizione è dura a morire.
Al colloquio, nella sede della cooperativa sociale, mi viene detto che mi occuperò "solo" di un bambino autistico, come sostegno. Magnifico, penso, sarà una passeggiata.
Il primo giorno mi ritrovo con una collega, un'educatrice, promossa sul campo dopo anni di lavoro in educativa domiciliare. Non ha nessun titolo, se non che è, come si premura di ricordarmi subito, "comunista". Oh be'... Dov'è il bambino che devo seguire? Me lo mostra e resto attonito, è un pulcino con una profonda tenerezza, che commuoverebbe anche satana in persona. La mia collega però, burbera sin dall'inizio, mi placca e mi fa presente che non mi devo mica sognare di avere cura solo di quel bimbo. Ma... Mi hanno detto diversamente... Col cavolo! Cedo alla violenza. Però... C'è una relazione sul piccolo con l'autismo? Così, per capire come stare con lui... NO! Ok, ok, chiedevo solo...
La materna estiva conta due classi, una è la mia, l'altra ha due maestre, non giovani, che mi colpiscono per avere... ehm... un seno... davvero materno. Tutt'e tre, da subito mi trattano come un deficiente: non so niente di bambini, perché non ho mai lavorato con loro (veramente facevo l'animatore in un centro dove c'erano spesso feste per bim... Risate diffuse). Sono sposato? No. Figli? Nada. Ecco, che ne sai tu, un... Maschio poi!
La scuola oggi è diversa, le aule sono state ristrutturate come del resto tutto l'edificio. Più di dieci anni fa, quando ci lavorai io, era fatiscente. Le bidelle mi dissero subito di non portare i bimbi in giardino, perché erano infestati dai pappataci. Eppure il tema che elegantemente il comune aveva scelto quell'estate era "Aria, Acqua, Cielo, Terra". Mah. Che materiali abbiamo, chiedo alla mia collega? Nessuno! E quell'armadio? È vuoto e non ho nemmeno la chiave! Non vado oltre, arrendendomi di fronte al suo evidente burn out.
Il fatto di essere maschio è particolare, i bambini sono stupiti, abituati a maestre donne e col fatto che la mia collega ha modi rabbiosi, mentre io cerco di essere più conciliante, restano spiazzati. Tanto che quando vedo che l'educatrice fatica a contenere quella piccola masnada di hooligans, rispolvero un ruolo autoritario, quasi trovando soddisfazione da tutti, bimbi in primis: ecce homo!
Non è facile, ma correndo tra il piccolo autistico e la classe, ci annusiamo, ci studiamo e alla fine ci piaciamo. Porto materiali da casa, pennarelli, matite, anche i bimbi fanno lo stesso perché in aula ci sono sedie, tavolini e giochi, punto. Mi chiedo come seguire il tema scelto dal Comune, mentre la mia collega dà la linea ma spesso sembra più un vigile urbano. All'inizio li lasciamo giocare, poi dopo averli fatti sfogare un po', li chiamiamo e parliamo. Cos'hanno imparato durante l'anno? Due canzoni! Bene, e quali? Rabbrividiamo quando ce le cantano, alcuni sono davvero bravi, altri ci provano, ma le song sono l'inno di Mameli (metà dei bimbi hanno genitori stranieri) e una lagna di Vasco Rossi. Vedere dei piccoli di 3-5 anni cantare "siam pronti alla morte" più tutte le altre fregnacce dell'inno italiano è raggelante. La mia collega si inalbera e la lascio, giustamente, urlare: ma sapete cosa cantate? Eppure, in certi momenti, specie quando il gruppo classe si comporta male e li riprendiamo, alcuni si mettono a cantare, come un rifugio, a ricordare le dolci(?) maestre di ruolo. Che un bel giorno si presentano, come dei politici che cercano consenso. Le lasciamo fare, sono giovani, carine e non le azzanniamo per quelle due maledette canzoni.
Tu ne sai di musica? Mi chiede l'educatrice. Sì, ma... Allora vedi di trovare un paio di canzoni meno sceme di quelle che sanno loro! Ok, mi scervello e alla fine ne scelgo due: "Fratello Sole, Sorella Luna", di Baglioni, e "Ci vuole un fiore", capolavoro di Endrigo, Bacalov e il mitico Gianni Rodari. Legate ai miei tempi? Sì, ma inerenti il tema del Comune e "gentili". A casa, tiro giù parole e accordi, le provo e poi le presento in classe. I bambini non le hanno mai sentite e restano a bocca aperta. Un piccolo musulmano è attonito, perché, capendo che quella di Baglioni parla di Dio, la cambio in "dono di lei" invece che di lui, intendendo la terra. Invece quella di Endrigo la canto accompagnandomi con la gestualità, battendo o indicando le cose citate, che si tratti di tavoli, legno o alberi.  Ogni giorno le canto, e guadagno attenzione. Dopo due settimane, metà della classe le sa cantare. E si rilassa, senza più elmi di Scipio e domani che arriveranno.
Ogni tanto mi eclisso per fumare, e i bimbi si trasformano in piccoli sbirri, per capire dove e cosa vada a fare. Un giorno uno inforca un monopattino, mi insegue ma si sfracella sull'asfalto (del cortile visto che il giardino è impraticabile). Il giorno dopo il padre viene a chiedere conto, spiego serenamente la situazione, scusandomi, ma non è colpa mia se i giochi rimati a scuola sono tutti da buttare. Lui capisce e si calma. La moglie, giovanissima, è sempre distrutta, perché hanno un figlio disabile, vengo a sapere. Ma è seguito dai servizi e così mi limito a "giocare" nel mio ruolo positivo.
Cerco di dedicare del tempo a ogni bambino. Per conoscerli, dal nome alla personalità. Una piccola, dolcissima bimba cinese non mi parla mai, anche perché è timidissima e parla poco italiano. Non so come fare e mi invento un gioco, canticchio un ritmo e con la punta del dito le tocco la fronte, le palpebre di sotto, il naso, le orecchie, il mento dicendo il nome. Lei resta stupefatta e anche gli altri. Dopo qualche giorno, mi sorride e mi chiama, mi chino e ripete i gesti sul mio viso. Ridiamo. I bambini mi cercano, vogliono essere presi in braccio, fatti dondolare, danzare, giocare, ridere, parlare, scherzare.
Una mattina che il caldo in aula di uccide, guido una piccola rivolta e andiamo in giardino. Che pare un campo minato, ma cerchiamo di sistemarlo. Un commando di bidelle dopo un po' ci intima di rientrare, ma i bambini si sono sfogati, e gli è piaciuto incontrare quel giardino che gli piace tanto, ma gli è sempre negato - perciò lo desiderano ancora di più!
I piccoli scoprono che fumo, e quindi ogni volta che torno dalla sigarettina mi rimproverano. Gli do ragione, e senza volerlo, come esempio negativo, rafforzo in loro la voglia di non fumare.
Succede di tutto. Porto un flauto e un'armonica a bocca, e li lascio ai bimbi che ci giocano. Un giorno porto la chitarra e faccio un microconcerto con le due canzoni: altro che Sanremo! Applausi scroscianti e proviamo a cantare tutti insieme, i bimbi mi trattano come fossi Mick Jagger!
Durante un intervallo, dove il mio piccolo "protetto" corre in bagno a far scorrere l'acqua, perché lo calma, sento delle vocine con accento latino che hanno un tono di insulto. Entro in bagno e trovo tre bambini che bullizzano quello autistico. Sbagliato che fosse, li rimprovero e mi prendo in braccio il piccolo. Accorre una bidella, la preside mi ha sentito urlare. Spiego la cosa e ricevo approvazione. Da lì in poi sorveglio i bulli e sciolgono la banda visto che non gli do tregua.
Nella materna estiva, a turno, uno di noi iniziava più tardi per poter fare il doposcuola: finito l'orario normale, i restanti delle due classi venivano uniti con un solo tutore. Durante uno di quei doposcuola, decido di organizzare una gavettonata, che si chiude con una strage: i bambini sono tutti zuppi di acqua, sudore e fango, ma felici e rossi come dei peperoni. Mi scuso con le mamme che li vengono a prendere, ma quelle sono festanti: i bimbi sono stremati e possono così essere trascinati a casa belli stanchi e docili! Wow!
Non dico di essere stato un gran "maestro". Anche se, uno degli ultimi giorni, scopro che c'è la chiave dell'armadio (la mia collega dice che c'è sempre stata), che è pieno di materiali e di una relazione del mio "assistito". La divoro e trovo conferma a tutte le cose che ho imparato su di lui da osservazione e interazione col piccolo. Uccido la rabbia per non averla potuta leggere prima, dicendomi ma sì, in fondo sono stato bravo lo stesso.
Siamo quasi alla fine. Mi chiama la cooperativa, la direttrice è entusiasta di me e mi vuole assumere in pianta stabile. Io però rifiuto, in fondo, vorrei provare a fare l'assistente sociale... E non mi va poi di dover cambiare campo, anche se certo, è bello lavorare in "positivo", anche se per il mio vissuto eviterò sempre, sempre, di ritrovarmi dei minori di fronte - anche se non è sempre possibile.
L'ultimo giorno: mi hanno appioppato il secondo turno, per cui farò il doposcuola. Arrivo, e come al solito, finisco la sigaretta in strada, prima di entrare. Solo che essendo l'ultimo giorno, le maestre han portato fuori i bimbi prima del solito, per festeggiare. Resto in disparte, c'è un lungo viale prima di entrare nel cortile di asfalto. Però qualche bimbo mi nota. "Chi è quello lì?" "Mi sembra... Giovanni!" "Sì è Giovanni!". Piano piano, cominciano a scandire il mio nome, sempre più forte. Spegno la sigaretta e incredulo mi avvicino al cortile. Il coro ormai urla il mio nome, chi salta, chi balla, chi ride, finché quando sono davanti a loro, esplodono in un boato liberatorio, che scroscia in risate e applausi. Le maestre dell'altra classe sorridono a stento, la mia collega, seduta, si tiene la faccia tra le mani, temo stia piangendo.
Mi ricorderò sempre quella materna estiva. Lì i bambini mi hanno insegnato molto: la loro innocenza, la loro voglia di vita e di giocare, la loro felicità. Mi è servito tantissimo e ancora mi dà energia: i bambini sono sacri.

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