cani da compagnia

Il cane, si sa, non è altro che un lupo addomesticato sin dalla preistoria, un predatore, quindi, ridotto a servo. La vittoria evolutiva non poteva essere più completa dal momento in cui il cane è diventato un animale da compagnia.
Si parla di fedeltà, di amore fino alla morte, sin dalla mitologia (Ulisse e Argo), ma Pavlov ben dimostrò cosa muova il cane: la fame.
In città, la presenza di cani è qualcosa di catastrofico, le deiezioni non si contano ed è abbastanza pietoso vedere qualcuno raccoglierle, mentre però per quelle "liquide" non si può fare molto, nel verde, solo gli alberi resistono, mentre le altre piante muoiono. Sull'asfalto, la puzza diventa micidiale.
In strada, per l'inquinamento, e in appartamento, per lo spazio ridotto, il cane non può che soffrire e c'è chi tiene razze che tra le mura avvizziscono, per esempio pastori maremmani e addirittura San Bernardo. La scusa di tenere il cane come difesa è abbastanza ingenua, perché i cani possono essere "comprati" col cibo, se non avvelenati. C'è poi chi si accompagna a razze pericolose o perché compie crimini e usa il quattro zampe come arma o perché vuole sentirsi temibile.
Il cane diventa un impegno che riempie vuoti esistenziali e così appena svegli, dopo il lavoro e prima di dormire, si esce con la bestiola, che può diventare un pretesto per conoscersi, magari sperando in qualche liason, forse un po' meno oggi grazie a internet.
A Milano la presenza di cani sta diventando qualcosa di insostenibile e mi fa senso vederli trattati meglio degli stessi umani, come rifugiati e senza dimora. Il loro abbaiare è snervante ma si è impotenti, specie quando i proprietari se ne impipano serenamente e li lasciano scorrazzare senza guinzaglio e sporcare senza preoccuparsene minimamente.
Non di rado i cani aggrediscono soprattutto i bambini, a volte fino a ucciderli.
Credo che questa usanza dei cani da compagnia sia un segno dell'idiozia contemporanea. Un giorno forse si scoprirà che i livelli di igiene e salute vengono compromessi dalla convivenza con animali che comunque non hanno una buona nomea. Nessuno dice "figlio di un gatto", ma le espressioni figlio d'un cane, cagna, da cani, morire come un cane, non c'è neanche un cane, per quanto possa essere controindicato abusare degli animali nel linguaggio, la dicono lunga su quale sia, storicamente, la considerazione umana per il cane.

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