un mare di nostalgia

Basterebbe la foto, per avere la scusa di scrivere ancora di mare. Nuvole, un grigio finalmente piacevole, non l'asfalto meneghino. Che nostalgia.
I primi giorni col salvagente. Il pomeriggio che mi ci sono addormentato dentro e il tedesco, venuto a vedere, che mi ha salvato soltanto avvicinandosi, discreto, senza dire nulla, ma ero vicino agli scogli e al mare aperto. Il bullo del Lichtenstein pronto alla rissa (ma fai te, trovo pure le chicche).
Quando ho cominciato a stare a galla senza paura. I primi timidi movimenti, istintivamente a rana, le braccia che facevano male subito. Gli altri che non entravano in acqua e io ci stavo fino a macerarmi la pelle. Galleggiare in mezzo ai gabbiani, tranquilli, sereni. E quando se ne avvicinava uno e sorridendo dicevo: non sono ancora morto... Nessuna paura di affondare, ridendo davvero, pensando a papà che diceva sempre di imparare perché non si sa mai. La gioia di nuotare. Le bevute inevitabili (non solo di acqua salata, ah quelle russe dell'albergo...). Gli sguardi ai papà e mamme che insegnavano ai bambini - oh, ho visto dei padri meravigliosi. Meravigliosi, davvero.
E poi tentativi a crawl, dorso, farfalla, la testa sott'acqua, piccole apnee e bracciate. Vedere che finalmente mi muovevo, che potevo resistere un po' di più, ogni giorno. Le braccia più forti, l'insonnia inguaribile, il wifi che non c'era, ma chi se ne importa :p. La sabbia calda, soffice, affettuosa. La comitiva di anziani valtellinesi, che si sfottevano amabilmente da farmi ridere a crepapelle. La fierezza tutta romagnola, il ricordo di Pantani, i sorrisi virtuali a Luttazzi. Il tramonto col trionfo di gabbiani. Il buio sulle onde, dopo cena.
Uno stupido presagio che non ci andrò più, al mare. Ma no, magari senza aspettare altri 7 anni. Scusa, ma sai, mi manca questo grande vecchio amico, gli voglio bene più che mai.

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