Nulla di magico

Ricordo una notte che riaccompagnai a casa un'amica, alla vigilia della sua partenza per il mare. Per lei che abitava a ridosso di Corso Buenos Aires i soldi non sembravano un problema, per me lo erano e pietosamente arringai la magia dell'agosto milanese, che conoscevo bene per averlo vissuto praticamente sempre. Lei ribatteva che non era assolutamente vero e dovetti ammettere che sì, agosto è bello solo per la desertitudine, poi non c'è niente di straordinario. Lei mi piaceva e perciò ero particolarmente sincero, con lei e me stesso, vanamente, sì, ma questo è abitudine.
Questo agosto vede andare via più gente del solito. Sono invidioso? No, agosto a Milano è rilassante, poca gente in giro, tempi più veloci. Oltretutto con Expo hanno già asfaltato per mesi e pure l'Atm sembra funzionare meglio. Sembra.
Quello che mi deprime è quando il popolo torna. E fa casino, e alza il gomito e ostenta una felicità effimera, pronta a ghiacciarsi nel cupo dell'inverno.
Expo a parte, ho sempre pensato così e vivo settembre come un trauma, col riesplodere di traffico, criminalità, inquinamento, odio. 
Non c'è mai stato nulla di magico negli ultimi decenni, nell'agosto milanese. Ma questo sterminio fatto di cemento rende ancora più inquietante il grigio inevitabile, un'asfissia inedita. Quasi ti aspetteresti di vedere il faro di Batman ma non siamo in un fumetto, non è terra di giustizieri, di nemici del male. 
In giro il disagio è ancora più palpabile, perché chi non poteva non è scappato. E l'illusione è proprio di fuggire via di qui, per risvegliarsi col freddo centralizzato, il fango, la schiavitù di dover fare qualcosa, o farsi, o prima uno e poi l'altro. 
Non per nulla, ho iniziato Scacchiatore... ad agosto, ricordandolo quasi maniacalmente nella testata. Era banale dire queste cose, ma, santi numi, tutto questo cemento armato (e quindi letale) era ancora più inimmaginabile. Non ci poteva essere proprio nulla di magico nella sadica, post-op Milano degli anni 2000.

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