Prey for the devil (2022)

 

Mai fidarsi di quello che dicono gli altri, anche se sono la maggioranza. Sembra rivendicarlo questo film e lo penso ancor più dopo aver visto un magnifico "Prey for the devil", oltre ad aver cercato di capire le critiche negative al lavoro del regista Daniel Stamm. Da tempo non provavo un arcobaleno di emozioni così intense: commozione, brividi, paura, disgusto, stupore, gioia e delusione - ma per la morale finale.
Certo non era facile riprendere un tema come quello degli esorcismi, ma alla fine conta la lotta tra il bene e il male, che qui viene declinata al femminile. E così, entrano in gioco discorsi come maternage e cura dei malati, soprattutto quest'ultimo relegato, anche nella realtà, per lo più alle donne. Ho trovato infatti deliziose le scene dove suor Ann, un'incantevole, come attrice e donna, Jaqueline Byers, assiste i posseduti, dando cibo, igiene ma soprattutto ascolto e accoglienza. E proprio di questo, a cui sono state relegate le donne nella Chiesa, la protagonista non si contenta. Anche perché è il male stesso a volerla. L'aspetto più inquietante del film è proprio il perché della possessione del male. Che colpisce per lo più le donne, in quanto madri, figlie, sorelle: donne, stuprate, uccise, private di figli o parenti importanti, in guerra, in strada. 
Forse è proprio questo femminismo a deludere i critici (cretini), donne comprese. C'è chi ha stigmatizzato persino il fatto che la pellicola venga da Hollywood, quando invece il cinema si difende come può dai colossi dello streaming. Che infatti non offrono la visione di questo film, ma proprio da nessuna parte. 
Tradotto da noi con "Gli occhi del diavolo", passato brevemente al cinema, il film sembra essere decisamente boicottato perché è rivoluzionario, tra tematiche femminili e familiari, psicologiche e, se posso dirlo, zen, in un melting dove l'esorcista non è bianco, ma anche nero (Colin Salmon, padre Quinn), o ispanico (Christian Navarro, padre Dante), o... Donna, come la protagonista. 
Mi fa sorridere leggere le accuse di prevedibilità alle scene di possessione e di esorcismo, perché se la storia scritta dal cattolico Robert Zappia è di fantasia, non lo sono molti elementi da lui scelti, come la scuola per esorcisti in Vaticano, o proprio le citazioni del demoniaco - e i suicidi, anche tra religiosi, pure tra suore. Mi domando se quello che non piace a molti stupidi critici sia proprio la scelta al femminile, o comunque una visione spettrale, metafora di un pianeta dove tra epidemie, guerre e impoverimento, il male sembra, ahinoi, trionfare. Giusto come nel film.

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