Fino a prova contraria (1999)

 Nel vuoto più incolmabile, dove il cinema viaggia più su Internet e i suoi padroni, ma senza idee, in una noia letale, tanto vale vedersi pellicole dignitose.
"True Crime" è sorprendente, perché il repubblicano Eastwood ha etica. Se un nero sta per essere giustiziato, ma potrebbe essere innocente, Steve Everett, il giornalista interpretato da Clint Eastwood, farà di tutto per impedirne l'uccisione. 
Come altre volte, il nostro non solo è il protagonista, ma produttore, regista e autore della canzone jazz finale, una toccante "Why should I care?", interpretata da Diana Krall.
E anche in questo film Eastwood mette in scena un anti-eroe, un uomo definito dai colleghi del giornale "uno stronzo", e non a caso, perché se può amoreggia con giornaliste e le mogli dei capi del quotidiano. Tanto da rovinare la propria, di famiglia. Ma questo è un uomo da solo, davanti alla legge, alle sentenze facili, allo sbattere il mostro in prima pagina.
Tratto dal romanzo omonimo (ma tradotto da noi con "Prima di mezzanotte"), di Andrew Klavan, "True Crime" si snoda lungo un mistero che solo alla fine verrà risolto, riportando giustizia a chi non la aveva avuta.
La Warner avrebbe voluto Clooney ma alla fine ha prevalso il vecchio Clint e, rispetto ai soliti detrattori, viene da dire che sia una fortuna perché, francamente l'ex pediatra di E.R. è un attore che sa fare soltanto tre facce. E tutte da bamboccio.
Certo, nonostante una iniziale uscita strepitosa negli Usa, il film non ha poi nemmeno coperto i costi. Perché critica e pubblico troveranno scontato che si lotti contro la pena di morte, che a essere giustiziato sia un nero, senza riconoscere il coraggio di una storia contro, i siparietti con un brillante James Woods, e le scene toccanti sia della famiglia del condannato, Isaiah Washington, che di quella di Everett. Che vince perdendo, la famiglia, la casa, il lavoro, anche se si rifarà scrivendo un libro sulla storia e magari vincendo il Pulitzer.
Il mio giudizio conterà poco, ma per me, guardarsi un film di due ore senza mai annoiarsi, anzi commuovendosi, sentendo come palpabile l'importanza anche di una sola vita umana, be', non è davvero poco. Grazie Clint!

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