When the Lights Went Out

 Quando la luce va via la causa può non essere un semplice black-out, come racconta il film dell'inglese Pat Holden, "basato su fatti veri". Ora, questa infernale nota aggiunta a parecchie storie serve più ad attirare curiosità che ad attestare veridicità nella narrazione - senza contare che i soliti critici (gente spesso incapace di creare qualsiasi cosa) hanno liquidato il film come non eccezionale. Mentre invece, per me, è un horror delicatamente riuscito e proprio per la realtà a cui si ispira.

Ho trovato "When the Lights Went Out" davvero spaventoso, come non mi accadeva da tempo. Da guardarmi intorno in casa come se non fossi solo, e mentre scrivo, il vento sul balcone tocca degli oggetti facendoli "rumoreggiare", dandomi ancora più terrore. Gli effetti speciali non sarebbero eccezionali, eppure trovo la loro semplicità spiazzante. I black-out, i poltergeist, le porte che si chiudono, ma soprattutto le presenze, sono quanto mai inquietanti, in una famiglia che vive problemi comuni: lui operaio, che da buon britannico beve parecchio, lei parrucchiera e la figlia sulla soglia dell'adolescenza, con la tenerezza dei drammi di cambiare casa, di avere talento ma di essere bullizzata, tanto da legare solo con un'altra ragazzina, il cui padre è fuggito per un'altra. Fin qui, tutto banale? Non per me, che adoro prima di altro il classismo del film: sbarcare il lunario è un problema, tanto che all'inizio dei fenomeni innaturali il padre non disdegna di coinvolgere i media per raggranellare qualcosa. In questo, come nei sentimenti, negli affetti, nella sfera insomma psichica di cui il film si nutre, c'è una delicatezza profonda nel modo di raccontare.

La potenza della storia sorge a partire dai fatti reali a cui sarebbe ispirata. Se la casa nello Yorkshire esiste davvero ed è proprio quella nel film, se il regista, che l'ha conosciuta grazie alla madre (che aveva doti paranormali) ha raccontato alla BBC anche scherzosamente il poltergeist, dotato pure di senso dell'humor (e perfino soprannominato Fred), c'è stato chi ha poi individuato nella presenza la figura dell'infame Monaco nero di Pontefract, un religioso vissuto in un monastero vicino alla casa, che fu impiccato dopo aver violentato e ucciso una ragazzina, all'epoca di Enrico VIII. Il poltergeist ha avuto diversi testimoni, persino esorcismi (inutili) e Diana Pritchard, incarnata dalla figura della protagonista (Sally), a detta dello stesso regista ha ancora un sacro terrore di quella casa. E l'orrore si dispiega proprio in questo motivo religioso tradito, a partire dalle formule latine che risuonano insolitamente inquietanti. Perché l'ipocrisia soprattutto cattolica pervade il film, tanto che il prete, che non viene autorizzato a praticare l'esorcismo, nella storia lo esegue solo dopo essere stato ricattato per via della sua liason con la perpetua. Pruriti, al confronto della purezza di una ragazza innocente che viene massacrata da chi millanta di occuparsi di misticismo.

The Sun ha mostrato alcune prove della possessione, raccolte da indagatori del paranormale e definendola la più violenta del Regno Unito. E certo lo sarebbe, non solo per le foto spaventose, ma perché un religioso pedofilo non ha eguali nell'horror, persino Satana piangerebbe di fronte ad un simile demone. 

Un film che non è andato oltre le sale del Regno Unito, che quindi da noi - e non solo - non è stato né doppiato (per fortuna, per via di un accento imperdibile quale è quello dello Yorkshire) né proiettato, ma come spesso, ciò che ha carattere veramente artistico non si accoppia facilmente al denaro. Ed alla celebrità.

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