Dormire è vivere

Continua a confortarmi il fatto che questo blog rimanga sconosciuto, al riparo da odio politico, polemiche e seccature (una querela ancora mi mancava). Nell'ultimo post di là, "Se avessi paura", mi è parso di usare toni un po' intimi, da retrobottega. Sarà buffo che mi critichi per una simile sottigliezza, ma per quanto ci sia uno "schizo" tra le due facce del "me", lo trovo necessario: da una parte il volto più pubblico, mentre qui scorre il mio sentire interiore. Poi non è che "Incacchiatore" sia introvabile, anzi, ma giustamente interessano di più pomodori e uno sguardo insieme politico e meneghino.
Sono un po' confuso. Finalmente sono tornato a lavorare nel sociale e coi senza dimora, anche se ritrovo la fatica di giostrarmi tra alcolisti, tossicodipendenti, ex-detenuti, sofferenti mentali e gli immancabili "furbi", chi usa i dormitori per nascondersi magari perché spaccia o semplicemente perché, pur avendo un'entrata, è più tirchio di zio Paperone.
Quando però faccio i giri di controllo provo una tenerezza estrema nel vedere persone che dormono e il mio compito è di far sì che questo sonno non venga disturbato. Tra posizioni singolari, colpi di tosse e il russare estenuante di alcuni, mi sento contento di svolgere questo lavoro. E non rimpiango troppo che non si tratti proprio di fare l'assistente sociale; piuttosto, penso che papà sarebbe contento di me. 
All'inizio ho fatto fatica, specie di fronte a colleghi che interpretano il ruolo alla "Rambo". Poi ho compreso che quando lavoravo in Ortles convivevo e la mia compagna mi dava forza, raccoglieva i miei sfoghi e sapeva spronarmi a fare meglio. Ora invece sono "single" e senza riunioni d'équipe né supervisioni, mi manca potermi confrontare su questioni spinose. Ma tant'è, ho uno stipendio e il rispetto di buona parte di operatori ed ospiti. A volte mi incazzo come un hooligan, però è perché ci tengo e credo di essere capito da molti; quello che più mi attanaglia è il dolore di fronte a una resa alla voluta "guerra tra poveri", per cui oggetto di furti sono le cose più povere e impensabili, ma soprattutto il tormento di scorgere in molti una coazione a ripetersi ai margini sociali, senza possibilità di riscatto. Lì si ci vorrebbe un assistente sociale, ma con voglia professionale, con risorse vere - e magari non ancora in "burn-out". Invece la categoria è, se possibile, ancora più malvista. A parte gli immancabili furbetti, spesso i detrattori hanno argomentazioni ragionevoli. Cerco di difendere la categoria, ma in alcuni momenti mi arrendo. Ingiustizie professionali che suggellano l'iniquità sociale. Sono tempi di recessione e i servizi hanno risorse spolpate, senza contare lo sciacallaggio politico, costretto a fondi sempre più esigui e a giustificarsi al contrario come dotato di etica.
Insomma, non mi lamento troppo, anche se non mi va di aver dovuto fare da guida a una troupe televisiva. Non è la prima volta che devo tacere magagne e prestarmi al gioco mediatico. Certo però che 'sti bietoloni di giornalisti, affamati di torbido come sono, a volte non si rendono conto che l'ospite che stanno intervistando è un pazzoide bravissimo a raccontare le frottole di una realtà inesistente, a lui però congeniale. Vai mattacchione, infinocchia per bene chi si pasce della sofferenza altrui per farne show con in mezzo spot di un mondo che non è più il tuo!
Sto imparando molto, moltissimo, come capita sempre quando l'impiego è "aiutare gli altri". Al di là della stanchezza che mi rimane quando torno a casa, apprezzo tantissimo il mio letto, la mia casa minuscola. Dormire ha una sua sacralità, squisitamente laica. E io sono uno dei "sacerdoti" di questo scassatissimo, poco ospitale ma necessario tempio del sonno.

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