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Visualizzazione dei post da novembre, 2011

"Ci devi chiamare barboni!"

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L'esperienza avuta nel dormitorio comunale di Milano mi ha segnato parecchio. Perciò ne scrivo qui, nel retro dell' esercizio , scuro più protetto dove capita qualche raro passante. Mi fa molta rabbia lo sciacallaggio politico sui senza dimora. Di freddo si muore e quelli di prima e questi di adesso (a Milano intendo) si fanno belli sul dolore degli altri, senza nemmeno tentare di dare una risposta concreta. In Ortles ho lavorato per quasi un anno. A un certo punto mi sembrava di essere Michele Placido in "Mery per sempre". Il che potrà anche essere paranoide e infatti non avrei rischiato la pelle nelle frequenti risse. Però questo mi dava una forma di rispetto da strada, sia dei pernottanti che dei secondini, no, scusa, volevo dire "comunali". Velo pietoso. Gli "ex ricoveri notturni" mi sembravano un carcere, ma senza sbarre, con dimoranti semiliberi. Quando al mattino gli "ospiti" uscivano, quel postaccio mi pareva inutile. Tut

In bici

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Ci ho messo molto a capirlo, ma per me bicicletta signifca soprattutto mio padre. Lui mi insegnò ad andarci, lui mi contagiò nella passione per ciclismo e corridori, vale a dire Giro, Tour, Coppi, Moser, Bugno... La bici di mio nipote! Ho imparato presto che la bici è una delle cose con un po' di valore più facili da rubare: a 6 anni mi fregarono la prima.  A un certo punto il velocipede è stato il mio unico mezzo di trasporto: per un paio d'anni, in cui facevo l'assistenza domiciliare, mi muovevo da una casa all'altra in due ruote. Ci portavo anche le spese, anche quella per casa mia... A volte alla sera ero spezzato in due dai crampi, ma non avevo speso sghei in autobus né mi ero roso una sola cellula epatica per gli inevitabili ritardi. Mi ricorderò sempre lo stupore allegro di un assistito, il protagonista del racconto qua sotto , quando un giorno mi presentai da lui nonostante la neve. D'altra musica, mi aveva regalato la sua bici, lui ormai non poteva