Vampires, di Carpenter

I primi due film della saga, del 1998 e del 2002, hanno l'impronta inconfondibile di Carpenter. Di "Vampires" è regista e compositore della colonna sonora, mentre del secondo, "Vampires: Los Muertos" è stato produttore. Il terzo film, senza di lui, è di una noia letale. Certo di critiche i due film sotto l'egida di Carpenter se ne sono attirate, ma non si comprende perché allora "Dal tramonto all'alba", di poco successivo, che copia l'ambientazione western-horror, sia idolatrato come un cult, mentre è banale, se non per il fatto di mostrare il vero volto di quentin tarantino: un reale, pericoloso psicopatico.
"Vampires" non indulge al fascino dei vampiri, e critica il Vaticano, che da film del genere sembra aver trovato giovamento, tanto che Carpenter accusa la Chiesa addirittura di finanziare le sanguisughe. Tale componente, forse non a caso, scompare nel secondo episodio.
La regia di Carpenter, in un ritorno alle origini, cioè l'horror, regala un film divertente, pieno di gore e con un certo machismo che diventa caricaturale, in un New Mexico torrido e implacabile. Ma alla fine è funzionale, come le battute a sfondo sessuale del protagonista, James Woods, nei confronti del prete, a ricordare che alla fine anche i sacerdoti (cattolici) sono uomini, e quindi con pulsioni, e lo sappiamo fin troppo bene... Jack Crow è sgradevole e questo lo rende un magnifico anti-eroe. La sua amicizia per Montoya, Daniel Baldwin, è uno dei temi del film: mentre il Vaticano millanta un'esistenza eterna, anche a costo di venire a patti col Male, sono gli affetti a opporsi, come nell'innamoramento di Montoya per un'incantevole, anche come attrice, Sheryl Lee, prima prostituta e poi vampira nel ruolo di Katrina. Baldwin è magnificamente sempre stanco, e quando scompare il film finisce, anche se lo sterminio degli altri vampiri avrebbe potuto continuare la storia. Il film è una sorta di grande omaggio sia al genere western che a quello horror.
Nel secondo "Vampires", girato tra Giappone e Messico (il che di per sé è già particolare), il protagonista è un imperdibile Jon Bon Jovi. Il doppiaggio italiano fa scempio della sua interpretazione come del resto del film, ma erano i tempi dei ferrucci amendola dove si doppiava senza nessun rispetto per il cinema. La versione originale è deliziosa, Jovi recita, a differenza di altre pellicole, propriamente e il film scorre altrettanto violento, "gore" e con umorismo.
Certo, bissare la bravura di Carpenter del primo episodio non era semplice, sicuramente non continuarne la storia è stata una buona scelta, eppure per me è notevole che, per una volta, la Maestra dei Vampiri sia una donna. Arly Jover non è solo affascinante ma interpreta agilmente il non facile ruolo della leader dei malvagi. La trama ha molte trovate divertenti, come la scanner termico che permette di individuare i non morti, o il fucile di McCrary che spara pallottole di legno. A proposito, l'attore nero sorprende per un ruolo non facile, mentre, a quanto pare, nei telefilm che lo resero famoso era costretto a dare il peggio di sé.
Quello che mi sembra accomuni i due episodi è comunque la forza dei legami affettivi, di amore e amicizia, di fronte invece alla distruzione di chi, degli altri, parassita egoisticamente l'anima, il sangue. Anche se il riprendere l'idea della croce come strumento antivampiro delude un po'.
Ammetto che lo "zampino" di Carpenter mi influenzi parecchio, ma anche se i due film quanto a critica - e incassi - non brillano, per me non tutti sono capaci di fare buon cinema: almeno come il grande John Howard Carpenter.

Commenti