Matriarch (2018)

Di questo film non ho trovato nessuna recensione da addetti ai lavori. Persino quegli idioti di "Rotten Tomatoes" non hanno scomodato le loro preziose(?) cervella per parlarne. Ma può darsi che sia una fortuna, così nessuno ha potuto sporcare un lavoro che per me è un ottimo film. Molti dicono che la trama sarebbe poco originale, perché c'è una famiglia di pazzi furiosi che dall'ospitalità passa alla crudeltà in un lampo. A parte che allora chiunque usi un coltello (genere slasher?) starà copiando "Psycho", penso che il film sia molto particolare, e ben congegnato.
In primis, è una produzione inglese. Anzi, scozzese e di questi tempi in cui la Gran Bretagna appare delirante, la differenza non è da poco. Forse, "Matriarch" è una metafora proprio sull'isolazionismo che l'Inghilterra starebbe perseguendo, arrivando a, letteralmente, torturare chi si avventuri da quelle parti senza far parte della "famiglia", che si ispira a una presunta ortodossia religiosa, guidata da una "regina", in realtà, un'anziana psicopatica che non ha potuto avere figli naturali.
Poi, il protagonista maschile è anche il regista, Scott Vickers e ciò che gli accade è terribilmente inquietante. Ma colpisce moltissimo la principale interprete femminile, Charlie Blackwood. La dolcezza che esprime nel ruolo di mamma e moglie è sublime e contrasta terribilmente con quello a cui va incontro durante il film.
C'è chi dice che si tratti di un thriller: non è così, "Matriarch" è un horror non solo per il cupo ambiente (degli inglesi?), ma perché l'elemento soprannaturale c'è, anche se si rivela solo alla fine, con tutta la tenerezza della giovane Briony Monroe, che fa puro cinema: non dice una sola parola lungo tutto il film. E la rivelazione è straziante, ancora più della vicenda che l'ha portata nella famiglia degli psicopatici.
"Matriarch" non è stato doppiato e lo scozzese, soprattutto di alcuni attori, può essere un po' difficile da capire. Non però il senso e lo scenario della pellicola, che precipita, dalla soffice attesa della coppia protagonista, all'inferno di un matriarcato che è una mera, feroce dittatura, dove tutte le (altre) donne non devono avere alcun posto. Ancora una volta, un buon prodotto, che non girerà nelle sale, perché se il cinema è morto, lo è proprio dove aveva vissuto, mentre sopravvive in rete.
Due curiosità: le parole poetiche citate all'inizio e alla fine sono tratte da "Il profeta" di Gibran, mentre il film è stato girato in soli 12 giorni in una fattoria, naturalmente nella mitica, sconfinata Scozia.

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