luna del raccolto

Ogni luna piena ha un nome diverso, datogli dai nativi americani. Il plenilunio vicino all'equinozio d'autunno è perciò detto del raccolto. E allora dopo cena mi metto a camminare, rapito da questa luna così luminosa, così utile un tempo, per poter raccogliere fino all'alba.
Non è facile camminare a Milano di sera, con le auto senza regole, gli scooter che vanno allegramente anche contromano e le bici, quasi sempre senza luci, lanciate peggio che in un suicidio. Ma questo cielo, così intenso per una luna imperdibile, mi fa dimenticare la bassa bruttezza della città e di chi vi peregrina. Valico un quartiere da movida provando pietà per chi alza la voce, cerca di farsi notare seduto in qualche localino alla moda. E girato un angolo, eccola riapparire, così brillante, così amorevole. Nuvole che la accarezzano, poi lei ritorna dominatrice della notte, solenne, invincibile. 
Un barbone trascina il suo carro di cose, si ferma a guardare le donne e i graffiti su qualche saracinesca, mi chiedo dove andrà a dormire, ma mi distraggo di nuovo sulla luna. In una strada sento un coro fare delle prove, vicino ad una chiesa. Il canto è sublime, tanto che sto per piangere, ma vengo bloccato dai soprani, i tenori e i bassi che stonano a turno, eppure il maestro è così paziente e suona l'organo deliziosamente. Fermo, ascolto incantato, all'improvviso una donna con un aspro accento calabrese mi chiede da accendere, in inglese. Non capisco, mi ha preso per uno straniero? Già, un italiano non farebbe mai una cosa simile, forse, noi che abbiamo secoli di cultura, ormai l'abbiamo prostituita per un fottuto telefonino. Le rispondo secco, stupito, ma urlando con le sue querule amiche costringe il coro a chiudere le finestre e allora cerco di nuovo la Luna.
Cammino sghembo per non togliermela dagli occhi, e devo ricordarmi di chiudere la bocca perché tendo a tenerla aperta dall'ammirazione. È bellissima.
Rischio la collisione con un cameriere che porta due amari, i bicchieri riempiti diversamente, ai tavoli fuori. Mentre mi avvicino a casa sento le ambulanze, vedo i lampeggianti della polizia che devono curare i malati di questa brutta periferia. Eppure lei è ancora lì, in alto, serenamente lenta, inesorabile. 
La porta di un bancomat si richiude con un cigolio spettrale, tanto che il cliente si gira di scatto, atterrito. Sciamano i ciclisti che consegnano cibo verso il treno che li porterà a casa, i ragazzetti dall'oratorio ostentano di essere "grandi" con urla e parolacce, molte ragazze camminano sole, verso la metro e l'auto, sconsolate come se non avere amore fosse un crimine. Tutto è così basso, uniforme, spregevole, ma per dono naturale la luna mi accompagna, invitandomi a guardare su, in un cielo così magico, che illumina potentemente. Anche a Milano, nonostante la propria dannazione, la Luna domina assoluta.

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